Uomini di cultura

Nei primi decenni del XVI° secolo nacque in Bagnacavallo Pietro(I) Bagnoli che, entrato come monaco nell’Ordine Camaldolese, intraprese la carriera ecclesiastica salendo ben presto i gradini della gerarchia dell’Ordine.

Fu infatti abate del Monastero Lateranense di S.ta Maria in Porto a Ravenna, e almeno dal 1565 divenne abate di S. Apolinnare in Classe a Ravenna; il 2/6/1565, il generale dell’Ordine Camaldolese Egidio da Valtellina, in Padova, costituì Pietro da Bagnacavallo abate del monastero di Classe di Ravenna, suo vicario generale con giurisdizione su tutta la provincia della Romandiola.

Ricoprì l’incarico di abate di Classe per 3 volte, e durante il suo governo commissionò al pittore Luca Longhi, per la somma di 200 scudi, un affresco nel refettorio dell’abbazia, raffigurante “Le Nozze di Cana”; nel gruppo retrostante la Vergine, il pittore ha inserito un ritratto dell’abate Pietro Bagnoli (il primo dei quattro uomini in piedi alla destra di chi guarda).

Fu apposta la seguente iscrizione all'affresco: “PETRO BAGNOLO-BAGNACAVALLENS.ABBATE-LUCAS LONGUS RAVENNA-CUM FRANCISCO FILIO-PINGEBAT AN.MDXXC”

Pietro si dedicò alle lettere ed agli studi uminastici, ed è generalmente considerato un buon scrittore; le opere ad oggi disponibili sono:

“Orationes Habitae a Fra Michaele Lunardello Caesenat. In Adventu Reverendiss. D. Antonii Pisani Eremitae Universae Congreg. Camaldul. Generalis Praefecti” stampata in Ravenna nel 1580 presso Francesco Tebaldini, la prima delle quali fu recitata a S. Biagio di Fabriano nel 1578; 

“Oratio Habita In Adventu Julii Feltri De Ruvere Card. Urbini Etc Archiep.” stampata in Ravenna nel 1580 presso Francesco Tebaldini; 

“Orationes habitae a frate Constantio Laudensi Rauennae in abbatia Classensi” stampata in Ravenna nel 1587 presso Francesco Tebaldini.

.L’abate Pietro Bagnoli è ricordato anche nell’opera “Il Microcosmo dialogo sesto, et vltimo de' composti sopra le parti, & potenze dell' anima humana, dal p. Samuello monaco dell' Ord: di Camaldoli: nel quale ragionano, il molto illustre & reuerendiss. sig. Pietro Usimbardi ... & ... r.p.d. Pietro Bagnolo da Bagnocauallo abate”, del monaco camaldolese Samuello attivo nella seconda metà del XVI secolo.

Pietro svolse diversi incarichi per conto dell’Ordine Camaldolese, e grazie ai meriti acquisiti divenne Abate Generale dell’Ordine stesso verso la fine degli anni ottanta del XVI° secolo.

Morì intorno al 1592.

Giulio Cesare (I) Bagnoli, nacque in Bagnacavallo, figlio di Giovanni (I, in base ai numerali per l'età moderna) Evangelista Bagnoli. intorno alla metà del XVI secolo.

Non è possibile determinare il periodo di inizio ed i motivi del suo soggiorno in Roma; il canonico Lodovico Bagnoli nel proprio testamento scrisse che Giulio Cesare era “morto in Roma, dove si trattene sino dal principio della di Lui Pubertà, senza mai ripatriare”. Per certo nella Città Eterna Giulio Cesare si fece notare per le proprie doti letterarie in occasione della tenzone poetica e letteraria indetta nel 1589 a coronamento delle nozze tra il principe Don Marcantonio III Colonna e donna Felice Orsina Damasceni Peretti, appartenente alla famiglia dell’allora pontefice regnante Sisto V°.

Così grazie alle sue qualità di uomo di sapere ed alle doti tanto decantate dall’amico poeta Gian Vittorio Rossi, detto l’Eritreo, Giulio Cesare divenne responsabile della segreteria dello sposo, il principe Marcantonio III Colonna Gran Connestabile del Regno di Napoli; in questo periodo si dedicò alla traduzione in volgare del Carme 64 (“Argonautiche”) di Catullo, che dedicò ad Orsina Colonna Peretti.

Successivamente Giulio Cesare resse la segreteria della casa Damasceni Peretti per quasi trent’anni, e rivestì uffici molto importanti.

Per tutta la vita coltivò gli studi umanistici e le lettere con grande sapienza ed erudizione, come riportato dal Rossi, dal Marchesi, che lo definì “valente cultore della Filosofia d’Aristotele, avendo interpretati i Libri della Morale, della Repubblica, della Retorica, e Poetica”, e dal Buillet, che disse di lui che ebbe “appena altri eguali al suo tempo”; lasciò diversi scritti e due tragedie.

Nel 1829 fu ristampata ad opera del professor Domenico Vaccolini, nel volume XLIV del Giornale Arcadico (Roma ott-dic 1829), dopo essere stata rinvenuta nella biblioteca Alessandrina dell’Archighinnasio Romano dal Conte dott. Folicaldi, una canzone ad esaltazione del pontificato di Gregorio XIV, pubblicata poco dopo il 1592 col titolo “Canzone di Giulio Cesare Bagnuoli alla santità di nostro signore Gregorio XIIII”, per i tipi di Giovanni Martinelli.

Le opere, tuttavia, che contraddistinsero la produzione letteraria di Giulio Cesare Bagnoli furono le tragedie “Il Giudizio di Paride” e “L’Aragonese”, che non furono stampate in vita dall’autore, anche se è certo che la seconda fu più volte rappresentata in Roma e nel Napoletano con successo, prima di essere pubblicata nel 1682 a Trapani. 

Morì in Roma il 15 marzo 1623.